Non ho intenzione muovere una critica all’economia liberale in quanto tale. Vi sono autorevoli prese di posizione in merito che condivido pienamente, penso ad esempio a Guido Rossi e al suo recente “Il mercato dell’azzardo”. Vorrei però sottolineare che nell’ambito dell’economia neo liberale il concetto di “guerra” sta avendo una estensione mai avuta prima; e ciò sembra diventare – come ha fatto notare Patrick Bouvard, un sagace consulente della francese Shared Value, in una sua nota per RHinfo – “una realtà normale e benefica al servizio della popolazione”. Perché, egli soggiunge, si può pure pensare che la concorrenza esacerbata debba essere posta (teoricamente) al servizio del cliente, che si accomuni a una competizione senza respiro; ma se i comportamenti che la sostengono portano a parlare di “guerra” non è certo per semplice deriva semantica.
Sembra che la “guerra” liberista provochi effettivamente gli stessi effetti della guerra classica, annota Patrick Bouvard; sottolineando che in questo caso non si può parlare di economia liberale ma piuttosto di liberalismo selvaggio che sconvolge le regole dello stato di diritto e tende al profitto attraverso una deregulation ad ampio spettro che sfocia inevitabilmente in uno stato di “guerra”. Ecco quindi l’emergere di condizioni altamente conflittuali che non si può o non si vuole risolvere attraverso la negoziazione; una violenza che mira soprattutto alla “distruzione” dell’avversario; una volontà di egemonia e di dominio che preclude al “nemico” libertà di movimenti ; un praticare artifici per sbarazzarsi facilmente dall’ingombro di considerazioni morali e sociali che riguardano di solito le relazioni pacifiche tra le persone.